martedì 6 marzo 2012

Captain TSUBASA

Qualcuno forse lo saprà già. Altri lo scopriranno in seguito. Alla maggior parte non fregherà nulla. Ma la notizia che un certo personaggio diventerà il direttore sportivo o meglio responsabile del settore giovanile di una delle società più gloriose in questo senso, non può passare inosservata. È il segno dei tempi: tempi difficili direbbe Charles Dickens. C’è grossa crisi, come diceva Guzzanti-Quelo: soldi pochini, lavoro nulla o quasi, un sistema economico in fase di inevitabile declino. Ma chi poteva mai immaginare che il signor B. (agghiacciante coincidenza) potesse diventare un pezzo grosso del Torino Calcio? Neanche nei miei peggiori incubi, l’Houdini del mercato invernale (da una mia felice intuizione), un ciarlatano bugiardo e opportunista (parola di un grande professionista), avrebbe potuto raggiungere un tale ruolo di responsabilità. E dire che in queste notti ho sognato il ministro Fornero che mi dettava un articolo giornalistico, senza lasciarmi la speranza di metterci del mio. Tanto per dare un’idea della mia bizzarra mente.
Per stemperare un attimino tutte queste tensioni eccetera, mi viene in soccorso uno dei capisaldi di noi calciatori dilettanti: Captain Tsubasa. Vedo facce perplesse. Ah, ho capito: siete un po’ tutti provincialotti e molto poco “globali”. E allora parlo più europeo: Holly e Benji. Versione europea del giapponese Captain Tsubasa, il vero nome di Oliver Hutton. Subito due constatazioni, on-the-fly, al volo: mentalità asiatica ed europea a confronto. Da una parte la concezione autarchica, dittatoriale: un solo, grande protagonista, vale a dire Tsubasa, il numero 10 che fa battere il cuore di Patty e di tutti i tifosi; dall’altra, un’oligarchia o un duomvirato: ben due protagonisti, Holly e Benji, il formidabile portiere che arresta i tiri con una sola mano. A meno che Tsubasa non sia una parola unica per indicare Tsu=Holly e Basa=Benji. A questo punto crollerebbe tutto il castello, ma per fortuna nessuno di noi conosce il giapponese.
Holly e Benji è un cartone a 360°, adattato a grandi e piccini: quando sei piccino infatti, le rovesciate, le amicizie e le rivalità, il tifo esagerato, ti fanno sognare ad occhi aperti. Quando sei grande ti scompisci. Per due motivi: perché ti accorgi di quanto è assurdo; perché ti accorgi di quanto sei stato ingenuo a crederci. E non parlo dei soliti commenti, di chi ha visto qualche puntata qua e là, o ne ricorda qualche spezzone, sbiadito dagli anni che passano. Ma anzi, mi sento qui di confutare, dall’alto di tre serie scaricate illegalmente ed una attualmente in download, i tre maggiori cliché che riguardano questo controverso capolavoro dell’animazione:
1-   “Il campo è infinito”. Falso. Pensateci un po’. Stiamo parlando di bambini delle elementari, 7-8 anni al massimo. Il campo, a giudicare dagli impianti che si vedono, con pubblico tutt’intorno, riflettori e quant’altro, è standard: 90x120 mt. Nella migliore delle ipotesi. Quanto tempo ci mette un bambino di 7 anni a percorrere i 120mt (le azioni di Captain Tsubasa si svolgono sempre in verticale, il sogno di ogni tifoso) che separano le due porte? Non lo so, ma quando avevo sette anni io, facevo i 60mt in circa 10 secondi. Quindi, approssimando, un 20 secondi di media. Ora, non dimentichiamo che hanno il pallone tra i piedi, che, a quell’età specialmente, rallenta parecchio la corsa. E fanno una quarantina di secondi, il doppio. Terzo: avete presente quante volte si fermano a pensare ai cazzacci loro? Holly al padre marinaio (e si sa, una donna ad ogni porto…povero ragazzo), Tom Becker alla vita nomade per seguire il padre pittore (che in realtà è il papà di Bob Denver: hanno tutti e due gli occhi sempre chiusi), Mark Lenders a quella specie di allenatore che si ritrova (gli fa fare i tiri contro le onde…ma a cosa servono?), Julian Ross al cuore malandato, solo per citarne alcuni. Una puntata dura mediamente 10’. Ergo, il terreno di gioco finisce eccome. Anzi, secondo i miei calcoli, è persino più corto del normale…
2-   “Il campo è in salita”. Mehdi aggiungeva a questa affermazione un “zio fa!”, a mò di chiusa efficace. Falso anche questo. I campi di calcio, e chi ha giocato lo sa, sono fatti a “gobba d’asino”. Cioè sono concepiti per avere un leggero rilievo in mezzo che degrada sui lati. Il fine ovviamente è drenare al meglio l’acqua. So già cosa pensate e cosa avete da contestare: la gobba non è verso le linee laterali, ma verso le porte. E io vi rispondo: e allora? Tutto previsto e perfettamente verosimile. Tant’è che rispetta le famose leggi aristoteliche sul teatro. In una puntata in cui piove incessantemente, la scena finale inquadra Benji intento a recuperare da terra il mitico cappellino con la scritta WGenzo (a cui dedicherò prima o poi un pezzo): il fatto importante è che lo fa immergendosi e trattenendo ovviamente il respiro. Infatti l’acqua accumulata era arrivata a livello della traversa. Non li fregate i giapponesi…
3-   “Quando vanno in aria non scendono più”. Che sciocchezza. Come se venisse a mancare la forza di gravità. In realtà si tratta proprio di questo. La Mambo Football Club, la squadra di Julian Ross è geograficamente molto vicina all’area, tristemente famosa, di Nagasaki. A parte la malattia di Julian, evidente eredità della bomba atomica, pare che da quel tragico 6 agosto 1945 la zona investita sia occasionalmente caratterizzata da un’assenza di gravità. Ed ecco spiegato il mistero delle rovesciate di Holly, delle catapulte infernali dei gemelli Derrick (anche loro vittime delle micidiali radiazioni, i denti parlano per loro), i lanci spericolati di Ed Warner (a cui è stato dedicato un villaggio nell’isola di Shikoku, il Warner Village…questa è brutta, ne sono cosciente): occasionali assenze di gravità. Si spiega anche il curioso nome, Mambo, della squadra. Perché si va su e si va giù, su è giù…pensandoci era meglio Limbo. O al peggio Porno.
Voi direte: ma questi fenomeni accadono anche in altre partite, in altre città ed altri continenti. Vero. Ma c’è un proverbio che serve più di mille parole: tutto il mondo è paese.
Non è colpa mia. È la Fornero che mi dice come scrivere gli articoli…




 
By Omar

3 commenti:

  1. Come al solito Omar, non ne sbagli uno !
    Ottimo anche questo ! :)

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    1. Grazie taulin...o dovrei chiamarti tbusaulin? Non è male, d'ora in poi sarai Tbusaulin, bello, mi piace, ti calza a pennello!

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  2. Una mente sopraffina ma altrettanto malataaaaa!! W la Fornero
    il Nero

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