giovedì 1 dicembre 2011

LA POSTA DEL CUORE - Sonia da Rivalba

D:
“Caro Maurizio, (P.s. posso chiamarti Tavulin?) sono Sonia, ho gli anni che ho e vivo a Rivalba. Ti ho visto giocare l’altra sera contro il Drink Team e mi hai avvero colpito. Il tuo assist per il primo gol del ricciolo è stato geniale. Complimenti davvero, continua così!
Volevo farti due domande: a quale giocatore famoso t’ispiri? È vero che devi molto ad Omar Gattuso, uno dei giocatori più forti con cui tu abbia mai giocato? E poi come fai ad essere sempre così impeccabile in campo? Usi un prodotto specifico per tenere in ordine i capelli? Sei grande, Forza Taurinia!”
R:
“Cara Sonia, grazie per le belle parole che hai speso sul mio conto. C’è una risposta unica a tutte le tue domande. E in fondo l’hai già intuita anche te. Omar Gattuso. È lui il giocatore che mi ha ispirato. Il mio assist di lunedì per Max è frutto dei continui consigli di questo immenso atleta, sicuramente il migliore con cui io abbia mai giocato.
Un’onore scendere in campo al suo fianco. E Omar Gattuso anche per i capelli: mi ha consigliato una pasta magnifica che, non solo tiene perfettamente la forma desiderata, ma dà ai capelli questo aspetto sano, pulito. Sembra quasi di non averli. Continua a seguirci, Un bacio, Tavulin ;)”

By OMAR Gattuso

LA POSTA DEL CUORE - Enzo da Volpiano

D:
“Guarda mister, lasciamo perdere la vittoria di Lunedì…casuale…giocavamo contro nessuno…voglio veder dio fa quando incontriamo quelli là…è li che conta, cazzo in culo…questi devono avere paura dio fa! Prendo il pallone dio fa e…batto subito…mica storie…Storgato, quello si che dio fa…allenatore…Bonomo davanti…1 milione di euro abbiamo speso dio fa…mica…Cos’è sta roba? Fa schifo! Via via, porta via, sa di niente…Scusa mister ero da Luigino…fontina vergognosa…comunque se vuoi, anzi lo prendiamo, c’è De Paola libero…pago io…non c’è problema…dio fa ma questo 15 gol li fa sempre…Dietro La Rivera, siamo a posto…Cattolica dio fa…champagne, picie…dio fa vinciamo tutto dio fa…
Massimo! Fai portare la sciabola! Scusa mister vado a brindare…vediamo di vincere se no blocchiamo i soldi eh…dio fa…io non voglio perderci…Ciau”
R:
“Caro Enzo, sinceramente non ho capito bene quello che volevi dire. Intuisco che forse c’è qualcosa nel nostro schieramento che non ti convince. E ti rispondo che sono d’accordo con te. Siamo spesso troppo lunghi, c’è poco filtro in mezzo al campo, vedo ancora pochi triangoli. Soprattutto poco possesso palla, io lo dico sempre ai miei ragazzi. Possesso palla, possesso palla, possesso palla! E ci abbassiamo troppo! E sbagliamo passaggi semplici. E la teniamo troppo. E le maglie sono un po’ troppo bianche. E i parastinchi che utilizzano non sempre forniscono la giusta protezione. E quei calzettoni poi, che orrore…Grazie per avermi aperto gli occhi, Un saluto Roberto Di Lembo
P.s. non è che puoi portare Corgiat? Lo piazziamo lì dietro…”

By OMAR Gattuso

LA POSTA DEL CUORE - Camilla da Seveso

D:
“Splendido capitano, come stai? Ti sei ripreso dalle fatiche di lunedì? Sono una tua grande ammiratrice dai tempi della fondazione del Taurinia. Tu, il capitano di tante battaglie, hai superato momenti difficili, ma quest’anno sembra finalmente arrivato il tempo di raccogliere. E sono felicissima per te. Ho un grande, grandissimo favore da chiederti. Sarebbe un sogno per me, comprare un power balance per la mia amica Eleonora: ne hai ancora? Me lo faresti uno sconticino? E poi, ti supplico, mi fai sentire come parli in dialetto sardo? Tua, Camlla”
R:
“Niente sconti. Patagarrasuuuu! Felix”.

By OMAR Gattuso

LA POSTA DEL CUORE - Pasquale da San Giusto


D:
“Caro Cristian, forse tu non ti ricordi a me, ma io mi ricordo bene di te. Quando eri a San Giusto con Gianno in panchina e si vinceva in giro…bel tempo quello. Poi macari ti ricordi di come è finita quella stagione, male voglio dirti.
Ma ti ho scritto anche così, per stemperare un pochettino macari, tutte queste tensioni eccetera. Io penso che poi il succo del discorso sta poi qua, nel senso che nel momento in cui abbiamo, si è chiusa la settima partita di andata, sappiamo che abbiamo fatto 21 punti. 21 punti, il Future Fashion ne ha fatti 19, qualcheduno ne ha fatta macari 20 eccetera.
Io penso che noi dobbiamo ripartire fortemente con la cognizione di dire che noi macari ne dobbiamo cercare di fare nelle prossime partite, 19 punti, come quelli che ha fatto il Future Fashion.
Non è che possiamo pensare di dire, vabbé 19 punti, vinciamo col Willy Nilly, vinciamo col Blues, vinciamo con questo poi abbiamo visto come a Drink Team, abbiamo visto come in altre circostanze non è facile voglio dirti…
Secondo il mio parere noi dobbiamo cercare di vincere cercando di fare un discorso di questo tipo qui : noi dobbiamo fare un discorso a parte, dobbiamo fare, dobbiamo cercare di fare 11 punti ogni 5 partite. Poi macari, sicuramente in queste 5 partite non ce la faremo, neanche se battiamo il Proasma e neanche se vinciamo la prossima perché ne abbiamo fatti 21 e potremo farne altre 6.
Io penso che non dobbiamo, dobbiamo pensare che macari lunedì se vinciamo abbiamo risolto tutti i nostri pobblemi e penso neanche se dovessimo pareggiare o perdere. Voglio dire noi dobbiamo cercare di andare in un’ottica così, dobbiamo cercare di sfruttare, di cercare di uscire il meno possibile con le ossa rotte in questo periodo qui e poi cercare di ripartire perché secondo me può sicuramente succedere.
Spero di avermi spiegato bene, poi macari ti telefono”.
R:
“Caro Pasquale, mi ricordo molto bene di te. Impagabili quelle grigliate al campo, in cui mangiavi le costine: entravano invitanti e polpose nella tua bocca, per uscire linde e spolpate.
E come dimenticare le tue urla e i tuoi incoraggiamenti alla squadra, vere e proprie invenzioni lessicali.
Mi viene in mente, con un pizzico di nostalgia, “Giga Madonna”, un incrocio tra la madre di Dio e Gig robot d’acciaio. E chiamavi “elefanti” quei giocatori alla fine della loro carriera, che guadagnavano un po’ troppo… E vogliamo parlare dei bimbi del settore giovanile? Erano terrorizzati! Sarà stato per quell’aspetto del cattivo dei Biker Mice da Marte. E per quelle bestemmie reiterate. Si forse erano più le bestemmie.
Ti abbraccio forte Pasquale. Fammi uno squillo, così mi spieghi meglio.
Cris”.

By OMAR Gattuso

LA POSTA DEL CUORE - Sabatino da Rivarolo

D:
“Caro Massimiliano, ti ho visto giocare lunedì. Sei sempre il solito! Ma diofa, come fai a sbagliare quel gol lì?! Ma robe da matti! E il difensore, quando gli hai fatto il tunnel, cosa ti ha detto? Se si rivolgeva così a me mezza volta, gli piantavo un farlecca…
Comunque devo dire che siete un’ottima squadra. Se continuerete così, per il Future Fashion sarà molto difficile colmare il gap.
Attenzione alla prossima partita: il Proasma è il peggio…del Willy Nilli. Ti saluto e ti abbraccio. Adesso vado a fare una corsetta. Spero di incontrare Enzo, cosi gli dico che è un coglione, non capisce un cazzo!
A presto”
R:
“Ciao grande Tino, hai ragione per il gol, ma sai benissimo che non è la mia specialità. Non temiamo il Future Fashion. Ci spaventano di più le serate e le porcelle. Se riusciamo a sopravvivere a quelle, vinciamo facile.
Il Proasma è una buona squadra, ma ormai abbiamo trovato la quadra. Sarà dura per tutti quanti. Meglio che lo sappiano.
Saluta quel cretino di Enzo, un abbraccio.
Massimo”.

By OMAR Gattuso

LA POSTA DEL CUORE - Eva da Treviso

D:
“Caro Francesco, ho una domanda, ma è in realtà è la domanda di milioni di persone? Perché ti fai chiamare Paolo? Fammi un gol!”
R:
“È una lunga storia. Nel 1982 mi recai in Grecia per una vacanza con la mia fidanzata. Ora, io andavo matto per il campionato di calcio greco: ci giocavano i miei idoli, Stratos Apostolakis, leggendario terzino del Panathinaikos; Vaios Karagiannis, difensore dell’Aek Atene; ma soprattutto ammiravo la squadra del PANTHESSALONIKIOS ATHLITIKOS OMILOS KONSTANTINOUPOLITON, meglio noto come Paok Salonicco.
Comprai la maglietta bianconera e nel campeggio dove stavo cominciarono a chiamarmi – soprattutto gli stranieri per cui “Francesco” era decisamente difficile – Paok: “Hi Paok, how are you?” – “Ehi Paok, nice jersey” – “Ehi Paok your girlfriend has a big breast” e robe del genere.
C’è un fenomeno linguistico stranissimo ma largamente diffuso, in greco. I linguisti parlano di una kelizzazione, ovverosia di quel particolare caso in cui una K, dopo 10 giorni di campeggio in Grecia, cade in depressione e viene sostituita da una L, consonante decisamente più allegra e spensierata. Ed ecco perché, all’improvviso cominciarono a chiamarmi Paol.
La ciliegina sulla torta la mise la mia fidanzata, dopo una serata un po’ alcoolica: entrammo brilli nella tenda e lei mi disse ammiccante, “Paol ho una cosina per te…”, mentre svestiva la camicetta. Io mi ripresi immediatamente, sia dalla sbronza, sia dall’eccitazione ed esclamai: “Come mi hai chiamato?! Paolho! Ma è un bellissimo nome!”.
Questa è la storia del mio soprannome. Dillo a tutti.
Paolho”

By OMAR Gattuso

mercoledì 16 novembre 2011

Una Domenica di Ordinaria Follia

Amici, ma soprattutto amiche del Taurinia, questo pezzo sarà pubblicato dopo l’impegno del lunedì. L’ennesima vittoria per quanto ho potuto appurare. Grandi.
E allora vi chiedo un piccolo sforzo: vorrei condividere, per rendervi partecipi di quello che, ogni maledetta domenica, avviene, in una buia stanza, non importa se di ristorante, sala fumo o scantinato di un campo di calcio. Una catarsi, direbbe qualche erudito: la sofferenza, amici, ma soprattutto amiche, ci purifica.
Sono sicuro che al termine di questa storia, ciascuno di voi sarà più leggero: la vostra anima sarà qualcosa in meno dei famosi 21 grammi (“che faccio, lascio?”), ma soprattutto capirete perché, più di qualche volta per la verità, io anneghi i miei problemi, nel bieco limoncello di Nicola. Su il sipario. Si va.
“Domenica. La sveglia suona presto. Per essere domenica, intendiamoci. Un minimo di colazione e sei fuori. Alle 11,15 sei al ristorante. Alle 11,30 ti siedi a tavola per il solito pranzo, lo stesso da vent’anni: pastasciutta (al sugo o in bianco) con parmigiano; prosciutto crudo e parmigiano (per i più temerari, bresaola o addirittura petto di pollo ai ferri); contorno (spinaci, patate, carote…purché lessato); crostata di marmellata. Punto.
Poi ci si alza e si fa la passeggiata, “per digerire”. Si ammazza il tempo leggendo qualche quotidiano: se sei fortunato, nella pagina provinciale de La Stampa si parla della tua squadra o di qualche tuo ex compagno o di qualche tuo ex mister. Gli ex sono molti, in fondo ci si conosce tutti. Soprattutto chi è nel giro da un po’.
Può capitare, se sei particolarmente fortunato, che nel ristorante dove hai mangiato ci sia Sky. E se sei proprio Gastone Paperone, sia ora dell’anticipo di A. Magari della tua squadra del cuore. Fantastico. A me è successo. Ma non ne vado fiero. Perché alle 12,40 l’anticipo è cominciato da 10 minuti. Le squadre hanno appena preso le misure. La folla freme, i gol sono nell’aria, il meglio deve ancora venire.
A quel punto si spalancano, a sorpresa, le porte dell’inferno. “Ragazzi, dai, andiamo, il mister deve parlare”. Orrore. Angoscia pura. Nella migliore delle ipotesi, il mister impiega una mezz’oretta per “parlare della partita”. Ma io, adesso lo sapete, non sono per niente fortunato.
Esterno luce, interno buio. Ore 12,45. Tutti seduti di fronte al mister. Davanti a lui un piccolo portatile e un mini-proiettore. Qualcuno, avviandosi verso quel tormento ha sussurrato: “È il giorno più triste della mia vita. Ho dovuto smettere di guardare la Juve per vedere come gioca il Gio.ne.gio”.
Il mister accavalla le gambe e comincia (l’incubo): “Allora. Continuiamo così. In settimana ci siamo allenati bene, grande intensità. Stiamo crescendo, facciamo ancora qualche errore, c’è qualche dettaglio da correggere, ma siamo sulla strada giusta. Buona personalità, grande compatezza. Andiamo avanti così”. La fiera delle ovvietà. Ma il peggio deve ancora cominciare. “Allora l’arbitro oggi è Baldas di Biella: in stagione, 18 cartellini gialli, 2 rossi. Ho fatto un giro su internet, ha arbitrato 2 anni fa in Sardegna, una partita tranquilla, mentre invece in Veneto, l’anno scorso ha avuto una giornata no, ci sono state parecchie polemiche.
Una volta ha arbitrato in Messico: l’occhio che gli manca mi fa sospettare che non sia stata una grande prestazione. Solite cose, non gli rompiamo i coglioni, facciamoci trovare pronti all’appello, cerchiamo di portarcelo dalla nostra parte”. Poi: “Il Gio.ne.gio viene da due sconfitte consecutive. È una squadra che fa tanti gol ma ne subisce pure parecchi.
Domenica scorsa, contro l’Olimpik non meritava di perdere, lo vedrete poi dal filmato”. Merda, il filmato… “Cercano sempre di giocare palla, di non buttarla via, ma non ne sono tanto in grado quindi ne perdono tante. Noi dobbiamo attaccarli, dal primo minuto”.
Ora viene il bello: “In porta Grobbelaar: portiere di un’altra categoria, per questa categoria. Bravo tra i pali, cattivo, parla un sacco, cerca di farti innervosire, uno che provoca. È un vecchio, del ’57, in caso di rigori occhio, perché, e adesso lo vedrete dal filmato, morde la rete per distrarvi. Con la Roma ha vinto lui la partita. Adesso lo vedrete.
A sinistra dovrebbe giocare un giovane, ’93, un certo Benarrivo. L’ho incontrato nelle giovanili quando allenavo l’Orione Vallette e francamente non mi ricordo, né l’ho più visto. Mi dicono un buon piede, tutto mancino, buon passo, ma nel complesso niente di che, 2 Coppe Uefa vinte, giocatore normale. Discreto in fase difensiva, non fa fase offensiva.
Centrale, Tony Adams: è stato con me a Piobesi, fortissimo di testa, lento, compassato, buon piede, tutto destro. Mia cugina lavora nel supermercato dove Tony va ogni due giorni a fare la spesa con la famiglia: questa settimana ha comprato birra a fiumi, come se piovesse. Ci siamo capiti…puntiamolo, mettiamolo in difficoltà, nell’uno contro uno fa fatica.
L’altro centrale è Silvestre, ex Inter e Manchester United: bravo di testa, ma coi piedi…scarso. Cerca sempre l’anticipo, distratto, svagato. Dovrebbe giocare lui, oppure Rio Ferdinand: si sono alternati.
Ferdinand è più imponente, simile ad Adams per caratteristiche, destro, cattivo, più rapido. Ho chiesto in giro e di solito il mister fa giocare Ferdinand se c’è il sole, Silvestre se è nuvoloso. Mi prendo la briga io di controllare minuto per minuto il meteo.
A destra Di Chiara, altro giovane, ex attaccante adattato terzino destro, veloce, buon passo, più bravo ad attaccare che a difendere. Viene da un’influenza, spaventiamolo un po’ starnutendo e soffiandoci il naso di fronte a lui.
In mezzo al campo, basso, gioca Redondo: gran fisico, piede discreto, lento, molto lento. Giocatore sempre molto sponsorizzato ma non ha vinto praticamente nulla, si qualche Champions con il Real…attacchiamolo perché coi piedi non è un granché. Nel filmato lo vedrete a Manchester: va via di tacco al suo diretto avversario con un tunnel e poi fa l’assist per il gol, ma ripeto giocatore normale.
L’interno di destra è Crippa, gran corridore, classico “figlio di puttana”, incontrista. Se non gioca lui gioca un ’94, Jugovic, mi hanno detto gran tiro, un po’ lento. Altro non so.
A sinistra potrebbe giocare Hagi, rumeno, gran mancino, piccolino, molto bravo sui calci da fermo – li tira tutti lui – però lento, una testa calda: sembra che sia in rottura con la fidanzata perché lei, così mi han detto poi non so, è andata a letto con la punta giovane, Mutu, che infatti è praticamente fuori rosa. Magari facciamogliela la battuta…
Dietro le punte gioca il loro uomo più bravo: Giocherello. Bravo con tutti e due i piedi, vi punta e vi salta, va a destra e a sinistra, ottima visione di gioco, bravo di testa. Ha già fatto 7 assist e 8 gol. Passa tutto da lui. È il secondo italiano ad essere nella lista di France Football per il Pallone d’Oro. Facciamo quello che abbiamo visto in settimana: preghiamo che non sia tanto in giornata, perché se così fosse è inarrestabile. Non patisce il gioco duro, ma anzi cerca di irretirvi, con frasi tipo: “Non venire sotto, perché ti giocherello!”. Non perdiamo le staffe, cerchiamo piuttosto di raddoppiare le invocazioni al Signore. Cerchiamo di triplicare la marcatura e che Dio ce la mandi buona.
Davanti infine dovrebbero giocare Yorke e Cole. Due giocatori con caratteristiche simili: rapidi, buona tecnica, grande intesa. In realtà Yorke ha qualche problemino. Ora, ho parlato con un giornalista e mi ha detto che Yorke aveva male e non si è allenato per tutta la settimana. Il mister però ha detto che avrebbe avuto tutta la rosa a disposizione. Stamattina abbiamo incontrato un suo amico che ci ha detto che non giocherà, è triste per la sconfitta della sua nazionale, il Curaçao. Non so, vediamo, adesso cerco di sapere qualcosa in più. In ogni caso ci scaldiamo in 15, poi appena ho la formazione vi dico chi gioca.
Sarà una battaglia, lasciamo da parte il fioraio e tiriamo fuori la spada. Tutto chiaro? Guardiamoci il filmato”.
Il filmato va e si fa fatica a tenere gli occhi aperti. Ti risvegli ogni tanto, per guardare qualche spezzone e sentire “Ecco, qui è il colpo di tacco di Redondo” oppure “Vedete, qua morde la rete e Graziani tira alto…”. Una noia mortale.
A un certo punto le luci si riaccendono. Si ritorna nel mondo dei vivi. La Juve vince due a zero. Merda mi son perso i gol ed è già ora di andare al campo. E poi neanche devo giocare. Un incubo da sveglio.”
Grazie per la solidarietà.

By OMAR Gattuso

giovedì 27 ottobre 2011

L'importanza di chiamarsi ... Taurinia

È scientificamente dimostrato che chiamarsi Taurinia porta bene. Fortuna.
O culo. Come preferite.
Nel 1946 una simpatica vecchietta di nome Taurinia Ferrero vinse il primo premio della prima Lotteria Italia: il paese si stava lentamente rialzando dal devastante conflitto mondiale e il referendum che decretò l’avvento della repubblica aveva pesantemente intaccato il patrimonio statale.
La vincita perciò fu di sole 50 lire. Ma la signora Taurinia apparve raggiante: si disse “commossa” e “infinitamente emozionata. Dedico queste 50 lire a mia mamma e a mio papà. Perché hanno avuto il coraggio di mettermi questo nome. Il nome di mia nonna, De Simone Taurinia: nata il 13 gennaio 1813, in una piccola mangiatoia a Borgo San Dalmazzo.
Scivolò dalle mani di chi l’aveva tirata fuori per cadere, dolcemente, sulla soma dell’asinello che l’aveva tenuta in caldo tutta notte.
Crebbe bella e forte, uccidendo gatti neri ed evitando accuratamente scale e ponteggi, trattando gli specchi di casa come figli. Conobbe Cino e se ne innamorò follemente: si sposarono ed ebbero 13 pargoli.
Insieme aprirono e condussero una piccola attività, un vivaio di quadrifogli poco lontano, a Mondovì. Cino amava il vino e le belle donne: non erano rare le notti in cui tornava a casa ubriaco e sessualmente soddisfatto e per un capriccio, un deplorevole istinto, sfogava la sua rabbia sulla povera e incolpevole Taurinia. Ma la buona stella di mia nonna vigilava, sempre.
Nella stanza da letto accanto, dormiva sua sorella gemella, Proasma De Simone, identica, tale e quale a lei: Cino, regolarmente su di giri, sbagliava sistematicamente porta, infilandosi nella stanza di Proasma e percuotendola di santa ragione. Proasma comunque accettava con cristiana rassegnazione quello scambio di persona, ma il fisico esile non le permise di superare i due anni di maltrattamenti.
Mia nonna fiutò la vera indole del marito e organizzò una terribile vendetta. Un giorno prese Cino da parte e le disse: “Ha chiamato un cliente di Cuneo. Ha bisogno di diciassette piante di quadrifogli entro le 17 di oggi. Abita in Piazza Galimberti, al 17. Sbrigati, sono già le 16 e 17! Ah, quasi dimenticavo, è un tipo che ama i complimenti: se dovesse inventare qualche scusa per non pagare, tu digli ‘Ma lo sa che lei assomiglia a Garibaldi? Due gocce d’acqua!’ e lui non si farà pregare”. Tempi bui, quelli.
Oggi, l’unità d’Italia è realtà, siamo una nazione, complessa e multietnica, ma pur sempre un paese unico, forte, unito. Al tempo di mia nonna, quando cominciarono a circolare le prime voci su una possibile unificazione, molta gente da queste parti non voleva sentir parlare di ‘Italia’. Chiamavano Roma ‘ladrona’, le persone che vivevano laggiù ‘teroni’ della peggior specie. “Ma quale Itaglia? Viva il regno di Sardegna, viva i Savoia! Quelli non fanno un cazzo e non pagano le tasse! Abbasso quello con la barba e i suoi quattro mille!”, dicevano.
Casualmente - e fortunatamente – mia nonna aveva conosciuto questo convinto oppositore dell’unità durante una consegna: l’omone rispondeva al nome di Guglielmo Niglio, Willy Nilly per gli amici, barba folta e fisico possente, 100% razza padana, tirchio come uno scozzese. Ma la cosa che più colpì mia nonna fu il quadro che il Niglio esibiva all’ingresso: celebre ritratto(mezzo busto) di Giuseppe Garibaldi che sventola il tricolore, con sotto la scritta - a caratteri cubitali - “La Savoia ai savoiardi. L’Italia ai teroni. Garibaldi e i mille, culattoni”.
Lo avrete intuito, Willy Nilly abitava al 17 di Piazza Galimberti. Per Cino furono attimi. Ci volle più del previsto per identificare il corpo.
Questa è la storia della mia nonnina. Ora devo tornare a casa. Ho alcuni quadrifogli malati. E poi devo preparare i bagagli: ho vinto una crociera negli Stati Uniti, solo un anno di viaggio! Oh, che sbadata, devo anche portare la macchina a Fausto Notari, il figlio di un mio caro amico che ha aperto da poco un’autofficina. Sono sicura che ne sentiremo parlare. Dell’officina intendo.
Ma che stavo dicendo? Non mi sento bene, sarà l’emozione. È come se il cuor si deprima, oddio ma parlo in rima! Un dolore forte, lancinante, lascio tutti i miei averi alla…badante!”. E così morì Taurinia Ferrero, stroncata dalla forza dei ricordi.
La badante, Olimpika Ottawa, ucraina di nascita, fu meno fortunata e decisamente più avventata. L’improvvisa fortuna le diede letteralmente alla testa: cominciò una vita di sperperi inimmaginabili, tra auto di lusso, cene pantagrueliche e perdizioni d’ogni tipo. Cominciò anche ad abusare di droghe e soprattutto alcol: lei, insieme a 5 o 6 elementi della cricca, formavano un gruppetto noto a tutti i locali notturni della città come il “drink team”.
Ma un briciolo di buona sorte le permise, in una delle abituali orge che solitamente chiudevano le nottate, di rimanere incinta. Il parto, unito all’inevitabile degrado fisico, le costò la vita: in punto di morte, dopo aver visto nascere la propria bimba, con l’ultimo flebile fiato comunicò che aveva scelto il nome per la piccola. “…”.
La voce non venne fuori e l’infermiera non sapeva leggere le labbra. Allora, con tutta la forza che le rimaneva in corpo alzò le braccia sulla testa, a mimare le corna del toro e poi spirò.
Rimase in quella posizione. L’infermiera la guardò. La fissò. Cercò di afferrare il significato di quel gesto. Poi finalmente capì. Il nome. Quello che non era uscito dalla bocca della mamma. Strinse al petto la piccola e mormorò: “Benvenuta al mondo, Antenna”.
Recenti studi hanno evidenziato che un consanguineo di Antenna scende in campo ogni lunedì nel campionato Acli. Un’équipe di esperti sta ricostruendo il Dna dell’ultima discendente. Dalle prime analisi, la squadra del “sangue fortunato” è proprio il Taurinia. Tutti alla caccia del Santo Cul.

By OMAR Gattuso

martedì 18 ottobre 2011

Corsi e Ricorsi

Prima del Taurinia 2011, solo due squadre del campionato Acli erano partite con due vittorie e almeno 9 gol segnati.
Nel 1955 il Real Madrid dei vari Puskas, Di Stefano, Gento, Kopa e Santamaria, batté con un sonoro 5 a 1 il Willy Nilly, sul sintetico del Rivermosso. Dopodiché fu la volta del Gio.ne.gio che dovette inchinarsi a una tripletta di Ferenc Puskas e ad un’autorete di un giovane difensore, poi diventato una colonna proprio del Taurinia: un biondissimo Andrea Merlo, per evitare il poker del mitico Ferenc, deviò malamente un cross dalla sinistra di Gento, infilando un incolpevole Sergio Esposito, il quale maledisse la Vergine di Guadalupe.
10 gol fatti, 1 solo subito. Impresa eguagliata solo dal leggendario Ajax del ’72.
Alla prima uscita la squadra di Kovacs, liquidò facilmente, con un perentorio 6 a 0, il Baracca Split, mostrando a tutti la potenza e la bellezza del celebre calcio totale.
Nel turno successivo, a Santa Rita, i fiamminghi dovettero sudare non poco per aver ragione del Drink Team: Crujiff in particolare fu stretto nella morsa di un gruppo di giovani mastini, che bloccarono sul nascere ogni iniziativa di uno dei migliori calciatori ogni epoca.
Si racconta che Johan uscì stremato dal terreno di gioco, dichiarando di “soffrire le marcature strette”.
A metà gara il Drink Team era addirittura avanti di due gol. Nella seconda frazione però, Kovacs ebbe la folgorazione: fuori Keizer, dentro Di Lembo, un esterno tutto pepe, di grande tecnica e dinamismo, ma con la pericolosa tendenza ad “innamorarsi del pallone”.
Probabilmente quell’Etrusco non era proprio il suo tipo, perché il valsusino fece ammattire la difesa avversaria, sfornando due assist al bacio per Neeskens e Kroll e procurandosi il rigore del vantaggio. Penalty che lui stesso s’incaricò di trasformare, dopo una concitata discussione con Crujiff: un episodio che cambiò il corso degli eventi e che di fatto sancì la fine di una grande amicizia.
Recentemente intervistato dal programma “Uitdagings” (il nostro “Sfide”), in una puntata sulla storica tripletta del ’72 (Campionato Acli, Coppa Vivisport e Coppa dei Campioni), a una domanda sui suoi rapporti con Crujiff, Di Lembo ha risposto con un sintomatico: “Johan who?”. La ferita è ancora aperta.
39 anni dopo ecco i torinesi tosti, guidati, guarda un po’, da Roberto Di Lembo. Altre stelle brillano nel firmamento dell’Acli: i gemelli Trombini con la loro catapulta infernale; il mancino Mazzoni, virtuoso della trequarti; l’ala Eboli detto il canarino Nero; Petrucci, il panzer; Mogliotti, Edward-piedi-di-forbice; Proietti, detto Legolas, per la precisione con cui sorprende i portieri avversari; Rapolla, il capitano di tante battaglie. E tutti gli altri.
39 anni dopo. Curiosamente, se si inverte la cifra, si ottiene 93: 9, come i gol segnati finora e 3, come quelli subiti. Se si somma, 9+3=12, come il numero del portiere di riserva. E poi 93 come i giorni che mancano a Natale. E se si moltiplica, 9x3= 27, come le volte che Nicola nomina Paro nei suoi discorsi. Infine 9:3=3. Come i titoli che il Taurinia può vincere quest’anno.
La storia, come la palla, non mente. Mai.

By OMAR Gattuso